Grazie al suggerimento del vescovo di Assisi, Francesco decise di partire con un gruppo di frati (fratelli) a Roma per presentare la sua Regola al papa Innocenzo III. Era il 1209. Non fu facile. Impegnato in una lotta senza soste contro monarchi, nobili ed eretici, il papa inizialmente fu diffidente. Poi invece, sia pure senza un documento scritto, riconobbe il grande valore della Regola di Francesco tutta centrata sulla povertà evangelica e sull’ubbidienza alla Chiesa e al papa, e consentì la sua “sperimentazione”. Si racconta che questo cambiamento fu possibile grazie a un sogno: il papa vide la Basilica Lateranense vacillare sulle sue fondamenta tanto che sarebbe crollata se un uomo non l’avesse sostenuta con le sue spalle. Riconobbe nella Basilica la Chiesa, che viveva in quel momento giorni difficili e in quell’uomo il fraticello di Assisi. Credette in lui.
Nell’affresco San Francesco, nuovo Atlante, sorregge la Basilica Lateranense; il gruppo di francescani presenta al papa la Regola (uno di loro porta un grande libro: la prima Regola era in effetti molto ridotta ma nell’arte la grandezza o l’altezza servono a rendere a volte  ’importanza); i frati sono chini, pronti a inginocchiarsi per sottolineare la volontà di obbedienza; il papa Innocenzo con il triregno e le grandi chiavi di San Pietro, simboli del suo potere, parla con un vescovo. Dal lato opposto c’è un cardinale di cui si intravede il galero.
Francesco arrivò a Roma mentre l’arcivescovo Guido di Assisi era in Vaticano. Se il personaggio rappresentato sulla destra di Innocenzo è il vescovo di Assisi che cosa gli starà raccontando il papa? Sicuramente il suo sogno: Roma aggredita (le frecce), il Laterano che crolla, Francesco come Atlante. Il papa sembra sussurrare al vescovo Guido: “Quest’uomo reggerà la Chiesa di Cristo”. Naturalmente nessuno dei presenti guarda Francesco che è una fantasia del papa.
Nella didascalia fra Giuseppe aggiunge un’altra dimensione che nell’affresco non c’è o per lo meno non è espressa in modo manifesto. Egli
descrive come San Francesco e in seguito il Francescanesimo abbiano retto la Chiesa nei secoli successivi attraverso le loro opere. Questi pochi righi possono essere considerati il contenuto del poema di fra Giuseppe, struttura latente o, se si vuole, idea chiave delle immagini del chiostro. I poveri fraticelli dell’affresco, con la tonsura che Innocenzo impose perché potessero essere riconosciuti come chierici, direttamente dipendenti dalla Chiesa e quindi autorizzati a predicare nelle chiese, sono nel tempo diventati papi (camauri), cardinali (porpore), re (scettri), vescovi (mitrie), martiri (sangue), dottori della Chiesa (dottrine), grandi figure di predicatori e di missionari, difensori della fede (campioni), asceti e mistici (fiori di purità e castità). Il chiostro ha uno spazio dedicato a tutti, e tutti, insieme, idealmente cantano in un coro a più voci, con la loro diversità, il poema francescano

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