Quando fra Giuseppe dipinse il medaglione di Margherita da Cortona, non poteva immaginare che proprio un papa Orsini, Benedetto XIII, nato venticinque  anni prima, non molto lontano dal suo convento nel palazzo ducale della stessa sua città, avrebbe proclamato santa questa donna dalla vita così tormentata e difficile.
Era nata a Laviano, presso Castiglione del Lago, a poca distanza dal lago Trasimeno, nel 1247, in una famiglia di contadini, ed era rimasta orfana, affidata alla matrigna di cui dovette subire i maltrattamenti. Margherita era bellissima, corteggiata. Un nobile di Montepulciano la sedusse e la portò nel suo castello. Non la sposò nemmeno quando ebbero un figlio.
Dopo nove anni quest’uomo morì in circostanze misteriose. Una leggenda racconta che Margherita lo cercò disperatamente fino a quando con
l’aiuto di un cagnolino trovò il corpo ferito a morte tra i rovi in un bosco che circondava il castello. I parenti del suo compagno la allontanarono
perché non era sposata, lei tentò di essere accolta dal padre, ma anche lui si rifiutò di darle una mano. Dopo qualche tempo, trovò accoglienza
nella casa di due dame di Cortona a cui offrì i suoi servizi.
Margherita intanto cominciò a provare grande interesse verso la spiritualità francescana. Si dice che i frati rimandassero il suo ingresso formale nel Terz’Ordine perché era troppo bella e con un passato difficile. Intanto lei iniziò la sua vita di penitenza, di preghiera, di cura dei poveri; diede vita a una congregazione di donne, dette le Poverelle; fondò un ospedale; formò la Confraternita di Santa Maria della Misericordia per le dame che intendevano assistere i poveri e i malati. Morì a Cortona il 1297.
Una donna d’azione, forte e determinata, che sapeva inventarsi la vita e risorgere dopo devastanti esperienze di morte; una donna saggia, capace di consigli politici al punto da essere operatrice di pace nelle contese tra guelfi e ghibellini; una mistica che incontrava Dio nella solitudine di un eremo, nel silenzio delle sue visioni e nella sofferenza dei poveri e dei malati: per tutto questo, alla sua morte, Margherita fu santa subito nel cuore della gente di Cortona. La Chiesa continuò a essere diffidente nei riguardi di una spiritualità tutta al femminile, piena di slanci, di passione, di inquietudini che non impedivano comunque una intimità intensa con Dio. Aspettò e sembrava averla dimenticata fino a quando nel 1728 Benedetto XIII, il papa Orsini, nobile, sensibile e colto, non decise di proporre al mondo questa “Nova Magdalena”, questa amante sposa di Cristo come santa e, come fu chiamata più avanti, terza stella del Francescanesimo, dopo Francesco e Chiara.
Il Perrone, che pure cita Margherita da Cortona tra le sante presenti nel chiostro, considera l’affresco, per la presenza della scala, una imma
gine allegorica: “Solo in uno dei medaglioni […] ha dipinto una figura muliebre che sostiene la scala ascensionale delle virtù su cui ha elencato:
humilitas, patientia, charitas, oratio”. Ci sono ragioni che fanno credere invece che questa figura muliebre sia Margherita da Cortona. Gli attributi più noti che fra Giuseppe le affianca sono il cane, il saio, il velo bianco. Il cagnolino ricorda quello che l’aiutò a trovare il corpo del suo compagno; il saio col velo bianco è indossato da Margherita in tante altre immagini; la stessa scala delle virtù può essere un suo attributo. Una scala delle virtù è icona del desiderio di cielo. A partire dall’umiltà che, liberando dall’orgoglio, apre la strada della conquista graduale dell’elevazione spirituale, si finisce all’orazione che, posta in cima alla scala, fa pensare all’incontro mistico segreto tra l’anima e Dio.
C’è un riferimento forte a quelle virtù e alle fasi della salita nei documenti raccolti per la canonizzazione.

Un giorno l’angelo custode ricorda alla santa alcuni passaggi della sua con versione: il superamento della prima parte della sua vita dedita alla frivolezza, la lunga confessione e poi le nozze con Cristo che le donò un anello capace di rendere facile quello che per gli altri è difficile: “L’anello della Grazia ubbidisce a te nei digiuni, nell’orazione, nelle lacrime, nella purità, nella povertà, nell’umiltà, nella pazienza, nella carità”.
E per concludere c’è un altro attributo che potrebbe far escludere la possibilità che sia un’allegoria: il nimbo dei beati le circonda la testa. Va
detto, però, che nel Medioevo un nimbo era presente a volte nelle rappresentazioni delle virtù ma aveva forma poligonale.15enti raccolti per la canonizzazione.