La chiesa e il convento di San Sebastiano
La lettura della bolla papale che Sisto V inviò nel 1474 al vescovo di Gravina, monsignor Giacomo Appiani (1473-1482), ci informa che il cantiere inaugurato nel 1450 per la costruzione dell’edificio destinato a ospitare i Frati Minori Osservanti (che fu intitolato a Santa Maria della Pace e i cui lavori, come ci riferisce lo storico Francesco Gonzaga nel 1587, furono temporaneamente interrotti per dissidi tra l’Universitas e gli Orsini) potè essere riaperto. Era stata portata a termine da pochi anni la fabbrica quando, nel 1483, imperversando la peste, il popolo gravinese decise di erigere nella chiesa un altare a San Sebastiano; quando esso si ritenne definitivamente libero dal flagello, dedicò al Santo addirittura l’intero complesso.

La lettura della bolla papale che Sisto v inviò nel 1474 al vescovo di Gravina, monsignor Giacomo Appiani (1473-1482), ci informa che il cantiere inaugurato nel 1450 per la costruzione dell’edificio destinato a ospitare i Frati Minori Osservanti (che fu intitolato a Santa Maria della Pace e i cui lavori, come ci riferisce lo storico Francesco Gonzaga nel 1587, furono temporaneamente interrotti per dissidi tra l’Universitas e gli Orsini) potè essere riaperto. Era stata portata a termine da pochi anni la fabbrica quando, nel 1483, imperversando la peste, il popolo gravinese decise di erigere nella chiesa un altare a San Sebastiano; quando esso si ritenne definitivamente libero dal flagello, dedicò al Santo addirittura l’intero complesso.
All’esterno la chiesa si presenta con una facciata profondamente rimaneggiata nel corso dei secoli. Nella sua primitiva articolazione, doveva essere molto simile a quelle della cattedrale, di San Francesco e di San Domenico, erette nello stesso periodo e secondo stilemi consimili, quindi tripartita e denunciante all’esterno la diversa altezza delle navate.
Nel corso del Settecento, il rosone a dodici razze fu sostituito da un finestrone quadrilobato, fu posto in opera un campanile a vela cuspidato e il fastigio rimodellato secondo un andamento curvilineo, con l’aggiunta di volute di raccordo e di un enorme stemma orsiniano.
Ancora alla metà del secolo ormai trascorso, la parte terminale della facciata divenne oggetto di un ulteriore e incomprensibile intervento volto all’asportazione, eccetto il finestrone, degli appena citati elementi di gusto barocco.
L’interno è a tre navate scompartite da colonne ottagonali. Anche qui, come negli altri edifici dello stesso periodo a cui si è fatto riferimento, il tetto originario fu sicuramente a capriate; esso, in seguito, venne risistemato con un controsoffito “di tavole […] lavorato a quadretti e dipinto a rose rosse, e gialle in fondo turchino” prima di fare definitivamente posto a volte in tufo. Durante questi ultimi e pesanti interventi, gli stessi che conferirono un aspetto barocco alla facciata, la volumentria interna e l’apparato decorativo subirono pesanti modifiche attraverso la rimodellazione del grande arco di trionfo che delimita il presbiterio, la chiusura delle sette finestre “bislunghe […] ne’ due muri laterali” e la conseguente apertura di altri due finestroni laterali quadrilobati affacciantisi nella navata maggiore, di fresco decorata da bianchi e sinuosi stucchi.
Tre cappelle definiscono ulteriormente la planimetria dell’edificio e delle sue navate laterali: quelle del Carmine e del Crocifisso a sinistra, quella della Deposizione a destra.
La prima, fondata dalla famiglia Orsini nella prima metà del Seicento, ospita il coevo altare ligneo, pregevole opera di fra Giuseppe da Soleto, con un dipinto attribuito a fra Giacomo da San Vito dei Normanni rappresentante la Madonna del Carmine con anime purganti. La presenza sulla mensa di un tabernacolo ligneo, anche se di fattura omogenea all’intero apparato, è visibilmente frutto di un riattamento posticcio. Questo elemento “leggiadramente intagliato” proviene sicuramente dall’altare maggiore, ormai scomparso, “eretto in faccia al Coro” e reca i segni dei grossolani tagli, che recidono di netto una banda decorata a motivi fitomorfi, praticati per accomodarlo alla struttura retrostante. Il fatto, poi, che la pala sia in gran parte coperta da esso, chiarisce ogni residuo dubbio in merito a tale spostamento.
La seconda cappella, eretta anch’essa negli stessi anni dalla famiglia Guida, ospita il mirabile crocifisso, nelle forme di un Christus Patiens, opera di un virtuoso intagliatore attivo nel Cinquecento.
La terza, del “Sepolcro del Signore […] lunga palmi 48, larga palmi 12” è la più antica, vista la presenza di una lapide datata 1577 (probabilmente riposizionata all’interno di essa) e anche quella che doveva avere dimensioni e sistemazione di altro tipo, comprendendo il locale adiacente, parallelo alla navata sinistra. Essa contiene un manufatto di particolare pregio. Mai citato, se non vagamente, dalla storiografia locale un Cristo deposto in terracotta, da sempre considerato, troppo sbrigativamente, in cartapesta.
Tra le altre opere d’arte degne di nota, si conserva una serie di seicenteschi busti reliquiari in legno che rappresentano, ognuno, il santo al quale appartengono le venerate spoglie. Un altro reliquiario, invece, è una piccola statua a tutto tondo di San Sebastiano. Il bancone, l’armadio e i genuflessorii nella sagrestia, con decorazione dipinta a motivi per lo più vegetali, sono opera di un ebanista del XVII sec
Di notevole fattura è la scultura lignea, ascrivibile alla seconda metà del Seicento, che rappresenta San Pasquale Baylón.
Un altro frate, poi, Giuseppe da Gravina, firma nel 1678 la tela in chiesa con il Martirio di San Sebastiano.
Alla mano dello stesso frate gravinese è ascrivibile la teoria di affreschi con storie francescane nel chiostro, che si sviluppa su due livelli, dell’annesso convento.
Il piano inferiore del quadriportico si apre nel cortile attraverso venti arcate, cinque per lato, poggianti su una teoria di colonne binate addossate a pilastri; le stesse colonne hanno alla base un parapetto con un varco al centro di ogni corridoio e sono sormontate da capitelli fogliati che reggono volte a crociera. Le dieci volte (escluse quelle angolari) dei corridoi a nord e a est sono, a differenza di quelle dei restanti due, alternativamente costolonate e definiscono, insieme agli archi trasversali e ai peducci laterali, altrettante campate.
Il piano superiore si articola attraverso la presenza di due corridoi porticati (di cui uno, oggi, è in parte tamponato) ai lati nord ed est e di altri due chiusi e con cinque finestrelle per lato.
L’area sub divo è caratterizzata, nella sua parte centrale, dalla presenza di una cisterna sotterranea e di un pozzo per lo sfruttamento delle acque piovane.
Risale a qualche anno la scoperta, nell’intercapedine tra due muri, di un affresco seicentesco rappresentante l’Ultima Cena in cui chiara appare l’ispirazione di matrice leonardesca. Non risulta affatto fuori luogo, infine, immaginare che quella sulla quale è dipinto fosse una delle pareti interne dell’antico refettorio .
- Presentazione
- La chiesa e il convento di San Sebastiano
- Fra’ Giuseppe e i francescani a Gravina
- Il racconto del poema francescano di fra Giuseppe
- L’albero francescano
- Prima parete – canto lunette 1-3
- Prima parete – canto lunette 4-6
- Seconda parete – canto lunette 7-9
- Seconda parete – canto lunette 10-13
- Terza parete – canto lunette 14-16
- Terza parete – canto lunette 17-19
- Quarta parete canto